Identificazione del network di hot spot di diversità della chirotterofauna e implicazioni per la gestione
Il servizio di
monitoraggio dei chirotteri - termine scientifico che identifica i pipistrelli - è
parte integrante di un impegno più ampio a favore della conservazione della biodiversità nel Parco Nazionale del Circeo. L'attenzione nei confronti di questi mammiferi placentati è legata alla loro funzione essenziale di "termometro di sostenibilità". Essendo tra i maggiori predatori di molti parassiti e invertebrati nocivi
rappresentano infatti un valido aiuto non solo per l'equilibrio dell'ambiente ma anche per l'agricoltura. In Italia i chirotteri sono minacciati, questa situazione è legata principalmente alla riduzione degli habitat e dei rifugi dove le colonie si annidano. Il progetto si concentra sulla «identificazione del network di hot spot di diversità della chirotterofauna e implicazioni per la gestione» ed è una
azione di sistema trasversale, sostenuta dal Ministero dell'Ambiente, che coinvolge oltre al Parco Nazionale del Circeo anche il Parco Nazionale del Vesuvio (capofila), il Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano, il Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, il Parco Nazionale dell'Aspromonte, il Parco Nazionale del Gargano ed il Parco Nazionale dell'Alta Murgia.
Il progetto, che ha preso il via nel 2017, ha una durata di dodici mesi, ed è suddiviso in diversi momenti che presuppongono attività antecedenti e conseguenti all'azione di campionamento dei chirotteri sul territorio. Si parte dalla raccolta dei dati di distribuzione e presenza già rilevati, verificati e pubblicati su riviste scientifiche, atlanti faunistici e report tecnici, relativi ai parchi nazionali coinvolti. I dati raccolti in questa prima fase di ricerca, oltre a integrare i risultati acquisiti con le ricerche più recenti, servono principalmente per identificare e valutare correttamente i siti più idonei ove effettuare i campionamenti.
Dopo aver individuato gli "hot spot" dove la presenza di chirotterofauna è più significativa, si passa ai rilievi attraverso due principali sistemi: i campionamenti bioacustici e le catture temporanee. I campionamenti bioacustici sono registrazioni degli ultrasuoni che i pipistrelli emettono durante il volo e la caccia, per orientarsi e predare. Le registrazioni agevolano l'identificazione della specie, anche se è necessaria esperienza specifica per poter vagliare i singoli segnali che alcune volte si moltiplicano e si sovrappongono. Gli strumenti che consentono questi rilevamenti si chiamano comunemente "bat detector"; per riuscire ad ottenere dei dati uniformi si è deciso unilateralmente di utilizzare il medesimo strumento in tutti i parchi coinvolti.
Le indagini si sono svolte nel periodo di massima attività tra giugno e agosto 2017 soprattutto nei pressi dei siti di abbeveraggio e dei corridoi di volo. Per quanto riguarda il Parco Nazionale del Circeo sono stati individuati 6 habitat differenti: colture intensive, colture estensive, boschi di latifoglie, boschi di conifere, arbusteti/macchia, ambienti umidi. In tutto il territorio del Parco si è deciso di effettuare 6 catture temporanee ed un totale di 23 rilievi bioacustici, di cui 8 nei boschi di latifoglie e 8 in ambienti umidi.
Per ogni individuo deve essere stabilito il codice identificativo, composto della sigla del parco seguita da un numero progressivo (ad. es. il terzo record del Parco Nazionale del Circeo è PNC00003). Altri dati che vanno rilevati sono: località della cattura; giorno/mese/anno; provincia e comune in cui ricade la località di osservazione; coordinate geografiche con longitudine e latitudine; quota s.l.m; tassonomia della specie; sesso; età; status; peso; lunghezza avambraccio; tipo di dato (cattura temporanea; registrazione al bat detector; ritrovamento individuo morto); ulteriori elementi diagnostici; foto; file audio prodotti dalle registrazioni di bat detector con numero identificativo univoco.
I report successivi dovranno non solo essere dettagliati, ma anche comprensivi di tutti i dati raccolti secondo questa modalità già prevista nei protocolli definiti dal capofila. La sovrapposizione dei modelli generati partendo dai dati di osservazione (ottenuti tramite raccolta dati disponibili come descritto in precedenza) e dalle variabili bioclimatiche (ottenute da database online) per le singole specie, consente di identificare le aree con maggior ricchezza potenziale che saranno circoscritte in cartografia, costituendo così hot spot oggetto di attenzione gestionale.