Intimidazione: «Ho agito da solo»
Giovanni Scavazza ha escluso davanti ai magistrati il coinvolgimento del figlio e ha detto che la finalità del gesto era “dimos trativa”: «Non ero intenzionato ad appiccare il fuoco». La scelta di recarsi in Procura dopo gli accertamenti tecnici
( 18 Settembre 2019 )Un’azione compiuta da solo e prettamente “dimostrativa”, senza che ci fosse la volontà di appiccare il fuoco. Questo uno degli aspetti sottolineati da Giovanni Scavazzadavanti aipubbliciministeri della Procura di Latina Antonio Sgarrella e Valentina Giammaria. L’uomo, 67 anni, è indagato col figlio per l’intimidazione ai danni del Parco nazionale del Circeo e del comandante della Forestale Alessandro Rossi. Giovanni Scavazza è stato sentito daimagistrati per circaun’ora e mezza e ha raccontato di aver agito «da solo», senza quindi il coinvolgimento del figlio che risulta indagato in concorso con lui. È stato proprio Scavazza, assistito dagli avvocati Giampiero Vellucci e Gaetano Marino, a volersi recare in Procura per essere interrogato. Una scelta probabilmente dettata anche dai risultati degli accertamenti tecnici (fra cui le tracce di Dna) condotti dai carabinieri. «L’indagato, a seguito di ponderata scelta difensiva concordata col collega di difesa avvocato Gaetano Marino - spiega l’avvoca - to Giampiero Vellucci -, ha deciso di presentarsi spontaneamente all’autorità giudiziaria al cospetto deipm Giammariae Sgarrella.Ciò per chiarire le finalità e il reale intendimento della sua azione. Ha lungamente precisato cheha inteso dare alla sua azione un carattere esclusivamente “dimostrativo” ancorché intimidatorio. Ha quindi categoricamente escluso di voler incendiare l’immobile e di voler apportare danni a seguito di eventuale incendio». Secondo la ricostruzione fornita dall’indaga - to, si sarebbe trattato del posizionamento delle taniche in senso orizzontale facendo uscire liquido infiammabile e del posizionamento della lettera con le munizioni indirizzata al comandante della forestale. Scavazza, insomma, ha detto di non voler incendiare gli uffici del Parco, spiegando che se fosse stato nelle sue intenzioni sarebbe stato facile farlo, poiché si trattava di benzina e non di gasolio agricolo. Sarebbe stato sufficiente anche un mozzicone di una sigaretta. L’azione, dunque, sarebbe stata “dimostrativa”. Sul perché, però, vige il massimo riserbo. I due legali,Vellucci e Marino, stanno attendendogli sviluppi dell’inchiesta, avendo manifestato ai magistrati «la più ampia disponibilità - dice l’avvocato Vellucci - con specifico riferimento al reale intento dell’interessato, che non era quello di incendiare ma solo ed esclusivamente quello di intimidire».
Il direttore Cassola: «Grazie all’Arma»
Le indagini attorno al gesto intimidatorio commesso nel mese di giugno nei confronti del Parco nazionale del Circeo e del comandante dei carabinieri forestali della Stazione di Sabaudia Alessandro Rossi sarebbero ormai alle battute finali. Giovanni Scavazza, che si è presentato spontaneamente in Procura per essere interrogato dai pm, ha confessato di essere lui l’autore del gesto, spiegando di aver agito da solo - quindi senza il coinvolgimento del figlio - e senza l’intento di incendiare l’immobile. Questa a grandi linee la sua versione dei fatti. Sulla ricostruzione verranno ovviamente effettuati tutti gli approfondimenti del caso. Intanto, il direttore del Parco nazionale del Circeo Paolo Cassola ha voluto esprimere il suo personale ringraziamento al colonnello Gabriele Vitagliano, comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri, e tutti gli investigatori che hanno lavorato senza sosta per chiudere il cerchio attorno all’inquietante episodio. Cassola, inoltre, ha ringraziato anche il ministro Sergio Costa, il questore e il prefetto e tutti i rappresentanti delle istituzioni che in questi mesi hanno dimostrato la propria vicinanza al Parco e ai suoi lavoratori.
Intimidazione: «Ho agito da solo»